La solitudine ai tempi del coronavirus

solitudine psicologo ferrara

L’altro giorno parlavo con un mio paziente. Lui vive da tanti anni solo in un appartamento in centro, dopo essersi trasferito dalla bella Sicilia.
Tutto fila liscio e la distanza con la famiglia è solo un pensiero che ogni tanto sfiora la mente del mio paziente, profumandola di nostalgia e agrumi e dolcetti di mandorle.
Ma poi ecco che arriva un qualcosa di imprevedibile, invisibile e che sconvolge tutto e inizia a far scricchiolare e cigolare l’equilibrio e la “normalità”.
Ci si ritrova chiusi a casa, impossibilitati ad uscire se non per recarsi al lavoro, al supermercato o in farmacia.
Lo sport diventa un qualcosa di vincolato al proprio indirizzo, o all’interno delle mura domestiche, così come la pratica di molti hobbies o le semplici abitudini come andare al bar a prendere un caffè, o fare una passeggiata sulle mura cittadine.

Ed ecco che arriva il senso di sconforto, di oppressione e di isolamento.

Ma in questo senso è bene ricordare che isolamento non è sinonimo di solitudine e che per fortuna nella realtà ipermoderna in cui viviamo, ci è permesso di coltivare i nostri legami e le nostre relazioni.
Certo, in un modo virtuale che ci fa sentire le relazioni più effimere, ma che ci accresce anche il senso e l’importanza dell’appartenenza, della famiglia, degli amici e degli affetti in generale.

E possiamo approfittare di questo tempo che ci svincola dalle corse quotidiane e che ci costringe a stare con noi stessi, per imparare di più su noi stessi, so ciò che siamo, sul percorso fatto fino ad oggi e su quello che vorremmo iniziare in futuro.

Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura della solitudine, perché anche questa può diventare una nostra alleata, può aiutarci a crescere: si può iniziare un percorso di ascolto interiore, delle nostre sensazioni, di come ci sentiamo e di come vorremmo sentirci.

Dedicarci qualche minuto di silenzio, magari portando l’attenzione al nostro respiro, ascoltando solo la propria voce, per scoprire che molto spesso ciò che davvero ci spaventa non è la solitudine, ma quello che abbiamo da dirci.

Impariamo ad ascoltarci, usiamo la solitudine per gestire e mettere in ordine tutto quello che conserviamo dentro di noi: pensieri, emozioni, sensazioni, sentimenti, bisogni, desideri…

Non dobbiamo avere paura di prendere in mano tutto questo materiale introspettivo e di rimaneggiarlo, ripulirlo e rinfrescarlo, al fine di trovare una propria stabilità psicologica, anche nei momenti più difficili.

Tornando al mio paziente, di fronte ad un cambiamento di ritmi di vita e di abitudini, si è ritrovato a dover gestire improvvisamente nuove sensazioni ed emozioni, nuove paure e nuovi dubbi ed incertezze.

All’improvviso si è ritrovato solo, combattuto nel capire se la solitudine fosse un nemico da allontanare o un’amica a cui aprire la porta. E penso che la risposta sia che la solitudine è un qualcosa che va affrontato senza timori, va accolta ed organizzata.

Solitudine, di nuovo, non è isolamento: imparare a stare bene da soli anche quando le circostanze ci impongono di esserlo.
Stare bene non significa evitare di stare soli, ma imparare a non soffrire quando lo si è.
In che modo?

  • Mantenere le abitudini di sempre per ciò che riguarda il ritmo sonno-veglia: non scombussolare l’orario in cui si va a dormire e ci si alza permette di avere un senso di “ordine” e sicurezza nella propria vita.
  • Trovare nuovi modi di organizzarsi a seconda del contesto e delle circostanze in cui si vive: mantenere un planning quotidiano di cose da fare, di esercizi fisici, etc. permette di porsi degli obiettivi da raggiungere e di accrescere un senso di autoefficacia.
  • Mangiare sempre negli orari abituali: è bene non cedere al mangiare seguendo il proprio stato d’animo o solo quando si ha fame; ciò permette di mantenere il senso di controllo e ordine nelle proprie abitudini.
  • Scoprire o riscoprire attività appaganti: dedicarsi a delle attività piacevoli che tengano la mente occupata in qualcosa che gratifichi è importante per mantenersi attivi e in salute ed evitare la monotonia.

Non lasciare che l’umore condizioni la giornata.

Il ritmo alle giornate non deve essere scandito dal proprio stato d’animo.

Possiamo decidere noi come vivere la solitudine e renderla uno strumento di crescita personale. Questo ancora di più in un momento in cui non possiamo fare altro che accettare la situazione in cui viviamo ed attendere che torni la “normalità” (forse quella di prima o forse una nuova).
Se, come il mio paziente, anche voi state attraversando un momento in cui vi sentite persi o sopraffare dalla solitudine, non abbiate timore a parlarne con gli amici, la famiglia o le persone di fiducia.
Un punto importante è che se senti un particolare disagio psicologico, puoi chiedere, senza timore o vergogna, un aiuto professionale.

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