Quando la dieta comincia dalla mente
Ed eccoci a gennaio, il mese che conclude le festività natalizie: si archiviano non solo luci e addobbi colorati, ma anche pasti abbondanti (e spesso grassi) e numerosi brindisi.
E se per qualcuno si tratta di tornare alle sane abitudini “prefestive” di un regime alimentare equilibrato, per altri il mettersi a dieta per perdere i chili accumulati durante le feste potrebbe essere motivo di preoccupazione.
Per un gran numero di persone, il peso è infatti causa di preoccupazioni e di malessere psicologico che sono dettati dalla ricerca continua di un aspetto fisico che rientri nei canoni ideali al fine di ottenere un’approvazione esterna.
Vien da sé che affrontare una dieta significa intraprendere un percorso che è sia fisico, fatto di conteggi calorici e di obiettivi di dimagrimento, che “mentale/psicologico” attraverso, cioè, strategie cognitive utili per:
– porsi obiettivi realistici e raggiungibili
– migliorare la percezione di se stessi
– esprimere correttamente le proprie emozioni e non manifestarle attraverso il cibo (Emotional Eating).
L’atteggiamento mentale con il quale si affronta una dieta e ci si approccia al cibo è fondamentale per migliorare l’aderenza alla dieta stessa e quindi per ridurre al minimo le probabilità di interruzione.
Molto spesso, infatti, le diete vengono abbandonate a causa di atteggiamenti mentali e pensieri disfunzionali che tendono a far mettere in atto dei comportamenti “sabotatori”.
Ad esempio, si cominciano a cambiare diversi regimi alimentari, si cambiano più figure professionali, si ricercano soluzioni facili ed immediate, si attribuiscono a fattori esterni, le difficoltà a seguire il regime alimentare prescritto (p.es. troppi impegni, mancanza di supporto familiare, etc.). Secondo uno studio della Vogel e coll. del 2019, i comportamenti alimentari sono direttamente influenzati da 2 fattori individuali:
1) Risorse psicologiche: in particolare legate al senso di controllo percepito, al senso di autoefficacia, aspettative sui risultati e agli obiettivi di salute.
2) Risorse ambientali: facilità di accesso ai supermercati, convenienza, qualità, adeguatezza e varietà delle risorse alimentari accessibili.
Secondo gli autori se queste risorse vengono “armonizzate”, la dieta viene vissuta come strumento per ottenere un senso di “leggerezza” mentale e benessere psicofisico e non come fonte di stress o come la perdita di qualcosa di piacevole.
Cosa si può fare quindi per affrontare una dieta seguendo un approccio corretto?
1) Evitare il fai-da-te: è bene affidarsi a personale competente (nutrizionista, dietologo, dietista) che possa impostare un piano alimentare personalizzato con accorgimenti e prescrizioni alimentari utili al raggiungimento degli obiettivi.
2) Iniziare a fare “movimento”, che non deve essere inteso solo come attività sportiva, ma come miglioramento dell’aspetto della sedentarietà quotidiana (per esempio prendere le scale anziché l’ascensore). Uno stile di vita attivo è importante sia per il corpo che per la mente.
3) Osservare e migliorare la propria consapevolezza all’alimentazione (mindfulness eating): imparare a scegliere, preparare e consumare con consapevolezza il cibo che mangiamo. In che modo? Scegliendo cibi sani e nutrienti, imparando a conoscere il cibo (colori, odori, sapori, consistenza, etc.), mangiando lentamente e senza distrazioni e osservando le sensazioni che si provano mentre si mangia.
4) Osservare, riconoscere e modificare i pensieri disfunzionali sabotanti. Questi pensieri possono creare un dialogo interno che può svalutare, minimizzare o distorcere la valutazione della situazione reale (per esempio catastrofizzando o generalizzando) e portare alla messa in atto di comportamenti negativi e demotivanti. Per esempio cambiare il pensiero “Non ce la farò mai a seguire tutte queste regole alimentari” con “Mi ci vuole tempo per abituarmi a nuove e sane abitudini alimentari”.
5) Porsi obiettivi realistici e raggiungibili. Fare una dieta non è solo dimagrire, così come il cibo non è solo un nutrimento, ma è anche prendersi cura di sé in maniera armonica ed equilibrata, rispettando il proprio modo di essere, i propri tempi e i propri limiti e ponendosi degli obiettivi reali che valorizzeranno le proprie capacità e daranno un valore aggiunto nella propria vita.
6) Non controllare il peso troppo spesso. La bilancia non deve essere utilizzata quotidianamente ma solo periodicamente (magari stabilendo la frequenza con il proprio dietista o nutrizionista), al fine di monitorare i progressi. Pesarsi troppo spesso, oltre a non dare una reale fotografia dei progressi, rischia di innescare pensieri disfunzionali. Per esempio, ci sono giorni in cui si è più gonfi (come dopo aver mangiato una pizza); se ci si pesa proprio in quel momento si potrebbe cadere nel pensiero che tutti gli sforzi fatti sono stati vani e che quindi non vale la pena continuare a seguire la dieta.
7) Imparare a distinguere la fame biologica dalla fame emotiva: riconoscere le emozioni e sensazioni implicate nell’alimentazione, come per esempio lo stress, l’ansia, la rabbia o la tristezza e imparare a gestirle (se necessario anche con l’aiuto di uno specialista).
Un aspetto importante è non aver paura di fallire e non vedere come fallimento l’aver ceduto ad una tentazione. Quest’ultima è bene riconoscerla per quello che è, senza giudizio, così da ripartire da dove ci si era fermati.
Perdere peso è prima di tutto una questione di testa. Se durante il percorso di dimagrimento senti di aver bisogno anche di un supporto psicologico a sostegno del piano nutrizionale, non aver paura a chiedere aiuto.
Un sostegno psicologico in questo ambito, permette una presa in carico integrata che favorisce lo sviluppo della motivazione personale, dell’autostima, dell’autoefficacia e della resilienza. Inoltre un approccio integrato facilita lo sviluppo dei pensieri razionali e flessibili che sono alla base dei comportamenti funzionali ed adattivi e permette l’apprendimento di strategie nella gestione degli “attacchi di fame” o delle tentazioni alimentari.
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