Quando le emozioni si intorpidiscono
Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un interessante articolo che sottolineava come a livello globale stiano emergendo, nella popolazione, difficoltà emotive derivanti dalla pandemia e soprattutto da ciò che ha comportato (isolamento sociale, crisi e difficoltà economiche, ecc.).
Nell’articolo, per descrivere questo “fenomeno emotivo” si faceva riferimento al termine languishing che significa letteralmente “languire”, inteso come un punto di vuoto del nostro mondo emotivo, un punto che sta a metà strada tra la depressione e il benessere: “non sono molto depresso, ma non sono nemmeno così felice”.
Approfondendo l’argomento, ritrovo in diversi articoli descrizioni di languishing che si coniugano perfettamente alle emozioni e sensazioni riportate in studio dai molti miei pazienti negli ultimi mesi.
Ciò che sta emergendo è che molte persone si ritrovano a dover lottare con l’onda lunga (cioè a distanza) delle emozioni e dei disagi che la pandemia ha provocato. Tali emozioni e disagi non sono definibili come depressione e non rientrano in una vera e propria categoria diagnostica, ma rientrano in quella che lo psicologo Adam Grant (University of Pennsylvania) ha definito, appunto, languishing. Si tratta di uno stato emotivo che si caratterizza come una “tristezza pandemica”, una “assenza di benessere”, un venir meno di scopi, motivazioni e senso di gioia. Pur avendo le energie necessarie per svolgere attività, la persona che “languisce” si ritrova spenta, mentalmente stanca e rassegnata. L’assenza prolungata di attività ricreative, l’isolamento sociale, i cambiamenti lavorativi, l’incertezza e le preoccupazioni che il COVID-19 ha provocato, ha portato le persone ha sviluppare, come scrive Grant sul New York Times, un “senso di stagnazione e di vuoto. Ti senti come se ti stessi confondendo tra i giorni, come se guardassi la tua vita da un finestrino appannato”. Il languishing non è un disturbo mentale, non è una patologia, ma è una condizione di non benessere, di demotivazione e di difficoltà di concentrazione che, ovviamente, si ripercuote sulla vita lavorativa, scolastica e sociale perché non “funzioniamo come dovremmo o vorremmo”.
Cosa fare se le nostre emozioni sono intorpidite?
Se da una parte le persone che sono più resilienti e quindi maggiormente abili nella gestione dello stress sembrano non sviluppare languishing, altri potrebbero lasciarsi travolgere dall’onda a lungo raggio di queste emozioni, sviluppando (se non affrontate adeguatamente) a sviluppare problematiche psicologiche maggiori (p.es. depressione, attacchi d’ansia, burnout, ecc.).
Quindi cosa si può fare?
Ci sono diversi modi per non lasciarsi inghiottire e quindi gestire il languishing.
1) Imparare ad ascoltarsi ed avere la consapevolezza delle proprie sensazioni, emozioni e di tutto quello che succede dentro di noi e attorno a noi;
2) “Etichettare” le proprie emozioni: aiuta a prendere consapevolezza del problema e a comprendere le emozioni più profondamente, a regolarle o a regolare la loro intensità di manifestazione;
3) Condividere il proprio stato d’animo con le persone fidate;
4) Imparare a vivere stando nel qui ed ora, senza pianificazioni troppo nel lungo termine, ma pianificando piccoli obiettivi quotidiani;
5) Ricordarsi che non si è soli e che se si sente la necessità, ci si può rivolgere a professionisti che possano aiutare a capire ed uscire dall’intorpidimento emotivo.
Foto di Jill Burrow da Pexels