Che felicità!

psicologo ferrara felicità

Natale è alle porte. Attorno a noi luci e profumo di panettoni e pan di zenzero. Si organizzano pranzi e cene con gli amici o con la propria famiglia. Ci si guarda attorno e si percepisce la “fragranza” della felicità.

Ma che cos’è la felicità?

Ogni giorno nel mio studio si parla di felicità, si parla di essere o non essere felici. E Molto spesso, nei vari confronti che ho con i miei pazienti, ci freniamo di fronte all’evidenza che è davvero complesso definire cosa sia la felicità. “In fondo – mi chiedono i pazienti – come faccio a sapere se sono felice?
Partiamo dall’affermazione tanto ovvia quanto complessa che la felicità non può essere definita come assenza di depressione o angoscia.

La felicità è qualcosa di ben più articolato.

Nel corso delle epoche e delle culture, le diverse prospettive filosofiche, con lo scopo di comprendere il costrutto psicologico di felicità, hanno generato diversi approcci. Gautama Buddha (500 a.C. circa), riteneva la felicità come direttamente correlata ad una buona vita.

La buona vita, secondo Buddha, è data dal vivere seguendo la “Via di mezzo” della moderazione, cioè evitando gli estremi, in particolare quelli dell’autoindulgenza e, al contrario, dell’auto-tortura. Aristotele (300 a.C. circa), seguendo le orme di Platone e Socrate, riteneva che per essere felici occorreva vivere nella morale: fare la cosa giusta anche in situazioni difficili e poter, così, raggiungere l’eccellenza della virtù. Aristotele riteneva che le virtù morali o etiche, chiamate eudaimonia, fossero la dimora della felicità.

Tali virtù erano fatte di coraggio, giustizia, benevolenza, temperanza e prudenza. Epicuro (tra il 340 e il 270 a.C.), al contrario considerava la felicità stessa come scopo ultimo dell’esistenza umana.

Per Epicuro la felicità è il piacere che può essere raggiunto attraverso l’assenza di dolore fisico o mentale e attraverso la ricerca della calma e della pace interiore.
Facendo un balzo in epoche più recenti, Jeremy Bentham (fine 1700 ed inizio 1800) definiva la felicità come un’esperienza di piacere e mancanza di dolore. I piaceri riguardavano l’amicizia, la ricchezza, l’abilità, la buona reputazione, il potere, la pietà, la benevolenza, la memoria, l’immaginazione, l’aspettativa ed il sollievo. Bentham inoltre, riteneva che ogni individuo mostrasse in modo naturale e “fisiologico” un interesse personale verso il proprio benessere (senza necessariamente escludere l’interesse sociale). (R. Alexander et al., 2021)
In relazione a queste prospettive storiche, esiste ad oggi un’ampia gamma di approcci di ricerca sulla felicità, che vanno dalle prospettive delle scienze sociali, dell’economia, della biologia, della psicologia evolutiva, clinica e sperimentale e delle neuroscienze (Helliwell JF et al., 2018; Docray S et al., 2010). Attualmente nell’ambito della ricerca psicologica, esistono 3 paradigmi dominanti relativi alla felicità o più in generale al benessere:
1) Edonia: benessere soggettivo che coinvolge sentimenti di gioia, piacere e vitalità;
2) Eudaimonia: benessere psicologico, che comprende un senso di scopo, significato e di realizzazione nella vita;
3) Approccio che integra edonia ed eudaimonia: è un benessere più valutativo e che riflette il grado di soddisfazione che le persone hanno sulla propria vita, anche in termini di qualità della vita stessa.

Perché è importante essere felici?

Seguendo una prospettiva evolutiva, come le altre emozioni anche la felicità ha un ruolo funzionale: essa, assieme alle altre emozioni positive, favorisce una sana costruzione delle capacità fisiche, intellettive e sociali fondamentali per favorire l’adattamento e la sopravvivenza a lungo termine (Alexander R et al., 2021).

Vien da sé, quindi, che la felicità sia correlata alla buona salute. Tale correlazione è, però da considerarsi bidirezionale: il legame felicità-buona salute esiste non solo perché una buona salute porta le persone ad essere felici, ma anche perché la felicità favorisce, essa stessa, lo stato di buona salute.
Numerosi studi hanno dimostrato tali correlazioni, indicando come la felicità ed il benessere soggettivo sia spesso associato a:

– uno stato di salute fisica migliore (Steptoe A et al., 2019)
– un minor declino cognitivo (Steptoe A et al., 2019)
– un indice di mortalità più ridotto (Steptoe A et al., 2019)
– migliori relazioni interpersonali (Boehm JK et al., 2008)
– migliore resilienza, vitalità, prosperità e soddisfazione personale (Silton et al., 2020).

Come suggeriscono Elliot e Thrah, in un articolo del 2002, gli stati d’animo e le emozioni a valenza positiva portano le persone a pensare, sentire ed agire in modi che promuovono la costruzione di risorse volte al raggiungimento di scopi ed obiettivi desiderati e desiderabili. Diversi studi hanno dimostrato che gli individui felici hanno successo in più ambiti della vita: matrimonio, amicizia, finanza, lavoro e, come detto precedentemente, salute fisica.

Le persone felici sono più portate ad “allargare e costruire”: quando tutto sta andando bene, gli individui possono espandere le proprie risorse, possono cogliere l’opportunità di costruire nuove competenze o migliorare quelle vecchie e possono riposare e rilassarsi per ricaricare le proprie energie, al fine di creare così un circolo virtuoso atto al mantenimento dello status di persona felice (Fredrickson 1998, 2001).

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