Il vuoto dentro: il disturbo borderline di personalità
Sempre più spesso arrivano in studio da me pazienti (spesso ragazze o giovani donne) che mi dicono: “penso di essere Borderline” o “mi hanno detto che sono Borderline”. E a volte capita che questi pazienti siano anche seguiti dal servizio psichiatrico o abbiano “impattato” ad un certo punto della loro vita con uno psichiatra e che abbiano ricevuto una diagnosi di Disturbo di personalità Borderline.
Altre volte invece arrivano senza aver mai parlato con uno specialista e senza una vera e propria diagnosi, ma solo perché, attraversando un periodo di vita difficile in cui stanno sentendo un malessere particolarmente pesante, hanno googlato i sintomi, imbattendosi così in una descrizione che sentivano particolarmente calzante al proprio vissuto.
Ed ecco fatta la diagnosi (sommaria e il più delle volte non corretta). Ma di cosa effettivamente stiamo parlando?
Cosa sono i disturbi di personalità?
Innanzitutto è bene partire dicendo, brevemente, che cos’è la personalità. Quante volte mi sento dire: “ma io sono fatto così non ci posso fare niente”. Questo è vero. Ma solo in parte. Infatti la personalità è un qualcosa di complesso che rende ciascuno di noi l’individuo che è. Essa è fatta dai vari aspetti psichici specifici di ogni individuo, dalla globalità del comportamento, dall’esperienza soggettiva e dall’essere/vivere nel mondo. In altre parole la personalità si compone di fattori determinanti quali:
– temperamento (fattori genetici/biologici)
– carattere (che deriva dalle esperienze, dalle relazioni interpersonali e dalle influenze ambientali).
Quando si parla di disturbi di personalità, quindi, cosa intendiamo?
Si tratta di patologie frequenti (7-15% della popolazione generale) che si evidenziano, generalmente, a partire dall’adolescenza. Si caratterizzano per un quadro psicopatologico articolato, conseguente interazioni complesse da temperamento, fattori psicologici ed ambientali. Ciò comporta una marcata deviazione dei modelli abituali di esperienza interiore e di comportamento rispetto a quelle che sono le aspettative della cultura della persona e può riguardare (DSM-V):
1. le modalità di percepire ed interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti
2. la varietà, intensità, labilità ed adeguatezza dell’affettività
3. il funzionamento interpersonale
4. il controllo degli impulsi.
Nello specifico, parlando di Disturbo di Personalità Borderline (DPB) ci si riferisce ad un grave e complesso disturbo in cui si riscontrano, tra gli altri, umore instabile, comportamenti impulsivi e relazioni interpersonali instabili (DSM-V). A ciò si associano frequenti tentativi di suicidio; secondo uno studio di Soloff, i pazienti con DPB hanno una media di tre tentativi di suicidio nel corso della vita, principalmente per overdose (Soloff et al., 2000).
Comuni al Disturbo di Personalità Borderline sono anche i comportamenti autolesivi (senza intento suicidario). Spesso questi pazienti ricorrono a tagli superficiali ai polsi, alle braccia e alle cosce (Nock et al., 2009) per cercare di ridurre una tensione emotiva, uno stato interno di profondo dolore o di vuoto (Brown et al., 2002). Tutto ciò porta ad una grave compromissione sul normale funzionamento di vita.
I pazienti con DPB mostrano quindi un modello persistente, duraturo fatto di relazioni instabili, immagine di sé distorta, disregolazione emozionale e marcata impulsività. Ciò significa che nel DPB devono essere presenti almeno 5 dei seguenti sintomi (DSM-V):
- sforzi disperati di evitare un abbandono, reale o immaginario
- relazioni interpersonali intense ed instabili, caratterizzate dall’alternanza tra due estremi: iper-idealizzazione e totale svalutazione
- alterazione della percezione e dell’immagine di sé
- impulsività in aree potenzialmente dannose per sé
- ricorrenti manacce o comportamenti suicidari o comportamenti autolesivi
- instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore
- sentimenti cronici di vuoto
- rabbia intensa ed immotivata
- difficoltà a controllare la rabbia
- ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi.
Al quadrò già di per sé complicato, si associano anche molteplici comorbilità. Infatti i pazienti presentano spesso altri disturbi, quali gravi stati di ansia, depressione, abuso di sostanze, disturbi del comportamento alimentare e disturbo post-traumatico da stress.
Quale trattamento per il Disturbo di Personalità Borderline?
Il decorso del DPB è spesso instabile, altalenante.
Le cause sono ancora poco chiare, anche se gli studi ipotizzerebbero un’interazione tra fattori genetici ed eventi di vita avversi. In particolare la ricerca neurobiologica sembra suggerire un coinvolgimento delle reti fronto-limbiche, indicando un’associazione tra anomalie nel funzionamento di queste ultime e presenza di alcuni sintomi.
Per il trattamento del DPB vengono spesso associate terapia farmacologica e psicoterapia (Nock et al., 2009).
Per quanto riguarda quest’ultima, non ci sono ancora prove solide che suggeriscano che una specifica forma di psicoterapia sia più efficace di un’altra. Esistono, infatti, in letteratura molti studi riguardo la terapia comportamentale dialettica, la terapia basata sulla mentalizzazione, la psicoterapia basata sul transfert, la Schema-Therapy e la terapia cognitivo-comportamentale (Nock et al., 2009; Bateman et al., 2009; Clarkin et al., 2007; Giesen-Bloo et al., 2006; Davidson et al., 2005; Bateman et al., 1999).
Senza entrare nello specifico di ognuna, ciò che è importante sottolineare è che la psicoterapia nel DPB agisce principalmente sulla disregolazione emotiva e ha lo scopo di “insegnare” ai pazienti di “stare al di fuori delle proprie emozioni”, di riflettere su se stessi e sulle emozioni stesse, soprattutto quelle negative, cercando così di regolarle e modularle al fine di ridurre, quanto più possibile, i propri conflitti intra ed interpersonali (Crowell et al., 2009).
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