Una lacrima sul viso…
Diversi tipi di lacrime per diversi tipi di pianto
Durante le scorse vacanze estive mi sono immersa in piacevoli e leggere letture; tra queste una serie di splendidi thriller di uno scrittore italiano.
In uno di questi libri ho letto un breve passaggio in cui uno dei protagonisti raccontava che le lacrime hanno una composizione chimica diversa a seconda del loro “significato”.
Questa affermazione mi ha incuriosita molto, tanto che ho deciso di cercare l’esistenza di una base scientifica di questa affermazione e di approfondire un po’ l’argomento.
I miei pazienti lo sanno bene: io sono una grande sostenitrice del pianto. Tante volte le persone sedute sul divano del mio studio quando iniziano a raccontarmi le loro esperienze e le loro sofferenze, cercano di trattenere le lacrime. Le osservo mentre mi parlano, gli occhi diventano lucidi e la voce si blocca, ma fanno di tutto per non lasciare che le lacrime fluiscano. Spesso, addirittura, si scusano quando non riescono a bloccare il pianto. Mi stupisco sempre per questo.
Perché dovremmo scusarci se abbiamo voglia di piangere?
Allora, quand’è così, allungo i “ferri del mio mestiere” (la scatola di fazzoletti) e chiedo di non trattenersi e di lasciare che le lacrime scorrano come è giusto che sia. Scrivevo poco fa che io sono una grande sostenitrice del pianto e ripeto spesso che ritengo il pianto una meravigliosa e pura forma di comunicazione.
La vita “autonoma” stessa fuori dal grembo materno inizia con un pianto. Il pianto come vita; il nuovo nato che comunica con forza che anche lui, ora, ha il suo posto nel mondo. Il neonato che piange in modo consapevole (e non meccanico come si pensava tempo addietro), rispondendo così ad un vero e proprio meccanismo di adattamento ad un nuovo modo di respirare e di interagire (anche con il movimento) in un ambiente molto diverso rispetto al ventre materno.
Quindi sì, la vita inizia con il pianto. E per un bel po’ di tempo il pianto è l’unica forma di comunicazione: piango perché ho fame, perché ho sonno, perché ho mal di pancia, perché mi sento solo, perché sono sporco, etc. etc.. E anche quando sviluppiamo poi il linguaggio, per cui diventiamo più “abili” nel manifestare i nostri bisogni, il pianto non ci abbandona e resta una cornice importante nella nostra vita.
Perché ci viene da piangere?
Mio papà mi racconta spesso che una volta, quando era bambino, aveva cominciato a piangere tantissimo, di un pianto inconsolabile e mia nonna, non capendo cosa fosse successo, gli ha chiesto perché piangesse in quel modo. La risposta di mio papà è passata alla storia: con gli occhi rossi e le guanciotte rigate dai lacrimoni e singhiozzando le ha risposto: “perché non riesco più a ridere”.
Le lacrime e il pianto sono manifestazioni emotive comuni nell’essere umano, ma la loro diversità e le loro implicazioni hanno attirato l’interesse di molti ricercatori. Sono stati condotti diversi studi ed esperimenti per comprendere i vari tipi di lacrime e di pianto, analizzando le loro caratteristiche fisiologiche, psicologiche e sociali.
In uno studio del 1985 Frey sottolinea che il pianto sembrerebbe giocare un ruolo nel ripristinare l’omeostasi (ovvero l’equilibrio interiore) quando si ha un aumento dei livelli di ormoni dello stress nel sangue. Al contrario Koestler, in uno studio del 1964, sostiene che il pianto sia causato dalla mancanza di risposte adeguate a situazioni di forte impatto emotivo (positivo o negativo). Altri autori ancora, hanno ipotizzato che il pianto sia una risposta comportamentale di coping (ovvero di fronteggiamento di situazioni altamente stressanti) focalizzata sulle emozioni e aventi lo scopo di rilasciare le tensioni interiori (un po’ come il mangiarsi le unghie, scrocchiare le dita delle mani o dondolare le gambe, etc.) (Steptoe et al., 1991).
In uno studio del 1994, Gross e coll., hanno fatto emergere due punti di vista contrastanti sul motivo per cui le persone piangono quando sono tristi. Il primo suggerisce che il pianto serve a rispristinare l’omeostasi facilitando così il recupero; l’altro, invece, suggerisce che il pianto produca uno stato avversivo di elevata eccitazione che motiva un comportamento volto a porre fine alle lacrime. (Gross et al., 1994)
I diversi tipi di pianto…
E’ indubbio quindi che esistano numerose teorie e ipotesi sulla natura, le funzioni e gli aspetti psicobiologici del pianto. Si tratta di un’espressione emotiva complessa e che può variare da persona a persona.
In linea generale è possibile distinguere il pianto a seconda di diversi aspetti (Hasson et al., 2009; Hendriks et al., 2008, 2006; Rottenberg et al., 2008):
Aspetti psicologici: il pianto è spesso associato a emozioni intense come tristezza, dolore, rabbia, frustrazione o gioia estrema. Può svolgere una funzione liberatoria, aiutando a liberare ed esprimere le emozioni.
Aspetti neurologici: il pianto coinvolge l’attivazione di diverse regioni del cervello, tra cui l’amigdala (coinvolta nell’elaborazione delle emozioni), il sistema limbico (che regola le risposte emotive), e l’ipotalamo (che regola diverse funzioni corporee).
Aspetti ormonali: Durante il pianto, possono essere rilasciate sostanze chimiche come il cortisolo (l’ormone dello stress) e gli oppioidi endogeni (che possono avere un effetto calmante).
Aspetti sociali: Il pianto è un modo per comunicare e attirare l’attenzione degli altri. Può facilitare la connessione emotiva e la simpatia da parte degli altri.
Riguardo ai tipi di pianto, è possibile suddividere il pianto in:
Pianto emotivo: è il tipo più comune di pianto e può essere scatenato da una vasta gamma di emozioni (tristezza, dolore, felicità estrema, ecc.).
Pianto di frustrazione: è associato a una sensazione di impotenza o di non raggiungimento di un obiettivo desiderato.
Pianto di dolore fisico: può essere causato da lesioni o condizioni mediche che causano dolore.
Pianto di reazione: può essere una risposta automatica a un evento o a una situazione, come una reazione di paura o un pianto di sorpresa.
E’ importante, però, ricordare che queste distinzioni non sono nette e il pianto può avere molteplici sfumature e significati a seconda del contesto e dell’individuo coinvolto.
…e i diversi tipi di lacrime
Sono stati condotti diversi esperimenti volti ad indagare le lacrime, la loro funzione, la loro composizione e la loro associazione con le diverse emozioni.
Per esempi diversi studi hanno dimostrato che le lacrime di tipo “basale” lubrificano gli occhi, mentre le lacrime “riflessi” sono prodotte in risposta a stimoli esterni come il taglio di una cipolla. L’analisi chimica ha evidenziato differenze nella concentrazione di sostanze quali lisozima, proteine e ormoni, tra diverse tipologie di lacrime.
Studi invece che indagavano la rilevazione delle emozioni attraverso le lacrime hanno dimostrato che le lacrime emozionali, prodotte in risposta a sentimenti intensi come tristezza o felicità estrema, presentano caratteristiche fisiologiche uniche. Gli esperimenti condotti in questo ambito hanno studiato i segnali chimici emessi dalle lacrime per valutare le emozioni coinvolte e la loro intensità. L’analisi ha rivelato che le lacrime emozionali possono contenere sostanze chimiche come la prolattina, correlata alla riduzione dello stress, o gli oppioidi, associati al sollievo emotivo.
In linea generale è possibile dire che le lacrime sono costituite da diverse composizioni chimiche a seconda del tipo di lacrimazione. Ci sono tre tipi principali di lacrime: lacrime basali, lacrime riflesse e lacrime emotive (Hasson et al., 2009; Hendriks et al., 2008, 2006; Rottenberg et al., 2008).
Lacrime basali: queste lacrime sono presenti costantemente negli occhi per lubrificare e proteggere la superficie degli occhi. Contengono acqua, sali minerali, lipidi (come l’olio), mucine e fattori di crescita che aiutano a mantenere l’occhio idratato e sano.
Lacrime riflesse: Queste lacrime vengono prodotte in risposta a stimoli esterni come polvere, fumo, vapori irritanti, luce intensa o occhi secchi. Contengono anche acqua, sali minerali e mucine, ma possono avere concentrazioni più elevate di anticorpi per combattere l’irritazione e le infezioni.
Lacrime emotive: Queste lacrime sono prodotte in risposta a emozioni forti come tristezza, gioia estrema, rabbia o stress. Si ritiene che queste lacrime emotive abbiano una composizione chimica diversa rispetto alle lacrime basali e riflesse. Studi preliminari suggeriscono che le lacrime emotive possano contenere ormoni dello stress (come il cortisolo) e neurotrasmettitori (come l’encefalina), ma sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno la loro composizione e i loro effetti.
È importante notare che le diverse composizioni delle lacrime non si differenziano solo per la loro composizione chimica, ma anche per il contesto in cui vengono prodotte. Le lacrime basali si trovano costantemente negli occhi, mentre le lacrime riflesse e emotive sono prodotte in risposta a stimoli esterni o a emozioni intense e variano da persona a persona.
Gli studi condotti sui diversi tipi di lacrime e sul pianto umano hanno fornito interessanti risultati sulla loro composizione, la loro relazione con le emozioni, gli effetti sulla salute mentale e il loro ruolo sociale. Questi studi hanno contribuito a una maggiore comprensione delle lacrime e del pianto come meccanismi fisiologici ed emotivi fondamentali nell’esperienza umana. Ulteriori ricerche in questo campo potrebbero aprire nuove prospettive sulla connessione tra lacrime, emozioni e benessere generale. E io continuerò ad essere una grande sostenitrice del pianto.
Foto di Liza Summer – pexels.com