Il cervello natalizio
Riflessioni “semi-serie”
Lo spirito natalizio è da secoli un fenomeno diffuso e che ogni anno fa breccia nella nostra quotidianità con sempre maggior anticipo. Se fino a qualche anno fa era la norma vedere gli addobbi e le luci dall’8 di dicembre, oggi già a metà novembre si iniziano a vedere i primi scintillii e le prime atmosfere a tema “Natale e affini”.
Rientro anche io tra quella percentuale di persone che già a fine novembre accende la propria casa di luci e colori. Mio marito mi prende in giro per questo: si diverte a scherzare sul fatto che tra me ed il mio vicino di casa sia in atto una lotta (non dichiarata) “all’addobbo più bello”. Si diverte meno, invece, quando con faccia da capo-elfo, gli intimo di srotolare 25 metri di cavo di lucine colorate che al termine delle festività, a causa di inspiegabili fenomeni, quando vengono riposti negli scatoloni, iniziano un processo di “aggrovigliamento” misterioso, tanto che potrebbe diventare un esercizio/test per misurare l’intelligenza pratica. Della serie “se riesci a sgrovigliare il cavo in meno di mezz’ora senza dire parolacce e mantenendo un aplomb natalizio, entri di diritto nel Mensa1″.
Lo spirito natalizio è, per lo più, proprio questo: un misto di sentimenti di gioia, allegria e desiderio di saltare direttamente a Pasqua.
Esiste però anche un aspetto nostalgico e depressivo legato al Natale o alle festività in generale. Se lo volete approfondire, potete leggere un articolo a riguardo che ho scritto qualche anno fa.
Ma torniamo ad oggi; il Natale sta arrivando e ho pensato che scrivere un articolo “stagionale” è sempre appropriato. Ho provato a cercare argomenti interessanti e che non siano solo fuffa. Ho fatto la mia solita ricerca su PubMed, un servizio di ricerca specifico riguardante la letteratura scientifica in ambito biomedico, e mi sono resa conto che trovare qualcosa di veramente incentrato sul Natale è molto difficile. Diciamo che più che altro i risultati offerti sono soprattutto articoli degni di un Horror-Christmas-Story che catapultano in un terrorizzante “sottosopra biomedico” festivo.
Vi scrivo alcuni esempi: “Un albero di Natale nella laringe”, un articolo sul caso di un bambino di 2 anni che ha avuto, per diversi mesi, decorazioni natalizie appuntite incastrate in gola (Philip J et al., 2004); “Lesioni agli occhi legate al Natale: uno studio prospettico”, un articolo che sottolinea le pericolosità oculari legate ai veri alberi di Natale (Tsatsos et al., 2010); “L’asma indotta dal lattice del “Fiore di Natale” (Euphorbia pulcherrima)” (Ibanez MD et al., 2004), un articolo sulla minaccia potenzialmente letale che si nasconde nelle colorate Stelle di Natale; “Natale e Capodanno come fattori di rischio per la morte” (Phillips D et al., 2010), un articolo che ricorda come sembrerebbe aumentare il numero di decessi (soprattutto per patologie cardiache) durante le festività natalizie, probabilmente perché aumentano gli accessi al pronto soccorso e c’è una riduzione del personale sanitario in servizio.
Questi sono alcuni esempi di ciò che si trova in PubMed digitando la parola “Christmas”. Ma non voglio spegnere i colori del Natale parlando delle sfumature noir dello spirito natalizio.
Cosa scrivere, cosa scrivere allora?
Fortunatamente mi sono imbattuta in un gruppo di ricercatori danesi che si sono lasciati incuriosire da una domanda: “quale parte del cervello è coinvolta nello spirito natalizio?”. L’articolo in questione, Evidence of a Christmas spirit network in the brain: functional MRI study, è stato scritto da Hougaard, Lindberg e collaboratori nel 2015 e voleva indagare, con l’utilizzo della Risonanza Magnetica funzionale (fMRI), in quale zona del cervello risieda lo spirito natalizio e quali meccanismi biologici coinvolga.
La fMRI è una tecnica molto utilizzata nell’ambito della ricerca biomedica. Essa è usata anche negli studi neuropsicologici volti a formulare ipotesi sui centri emotivi e funzionali nel cervello umano. Viene osservata l’attività cerebrale basandosi sull’indagine dei cambiamenti nel flusso sanguigno cerebrale che, spesso, è associato all’attivazione dei neuroni (cioè l’attività).
Mi sono lasciata incuriosire da questo studio che è, in realtà, una ramificazione di uno studio principale dai toni più “seri” relativo ai cambiamenti fisiologici legati all’emicrania. In quest’ultimo studio venivano coinvolti soggetti che, attraverso degli occhiali, visualizzavano delle immagini, alcune a tema natalizio, mentre venivano sottoposti a scansioni di fRMI. Ed è proprio osservando le immagini natalizie che ai ricercatori è venuta la curiosità di andare ad osservare se ci sono dei cambiamenti nell’attività cerebrale dei partecipanti durante la visualizzazione di immagini con temi natalizi rispetto alle immagini normali.
In questo studio cieco, vengono confrontati due gruppi di persone:
1) persone che celebrano il Natale fin dalla loro giovinezza con sentimenti positivi,
2) persone che non hanno tradizioni natalizie e provano sentimenti neutri nei confronti del Natale stesso. Essendo uno studio in cieco, i ricercatori non sapevano cosa i soggetti provassero, riguardo al Natale, prima di essere testati.
Infatti è stato solo dopo le scansioni fMRI che ai partecipanti è stato somministrato un questionario in cui è stato chiesto loro di descrivere i propri sentimenti verso il Natale.
I ricercatori hanno così scansionato i due gruppi mentre visualizzavano varie immagini e analizzato i cambiamenti nell’attività cerebrale durante la visualizzazione di immagini con temi natalizi rispetto alle immagini normali. L’ipotesi era che i due gruppi avrebbero risposto in modo diverso alle immagini natalizie in base alla loro diversa esposizione alle celebrazioni natalizie.
Degna di nota è la specifica degli autori: “Nessuno zabaione o pan di zenzero è stato consumato prima delle scansioni”, a specificare che sono stati attenti a non influenzare in nessun modo il giudizio dei partecipanti. E a supporto dei toni leggeri ed allegri dell’argomento.
Quali sono stati i risultati?
E’ stata osservata una rete cerebrale natalizia (un aumento significativo del flusso sanguigno in più regioni del cervello) comprendente diverse aree corticali, inclusi i lobuli parietali, la corteccia premotoria e la corteccia somatosensoriale. L’attivazione in queste aree sembrerebbe confermare l’ipotesi iniziale degli autori: le immagini a tema natalizio avrebbero stimolato i centri legati allo spirito natalizio. Più in generale tali zone di attivazione svolgono un ruolo determinante:
1) nell’autotrascendenza, ovvero nel tratto di personalità relativo alla predisposizione alla spiritualità e alla capacità di andare oltre il proprio Io, e
2) nell’elaborazione emotiva propria ed in risposta alle emozioni degli altri.
In altre parole, queste aree corticali potrebbero costituire il correlato neuronale dello spirito natalizio nel cervello umano.
Davvero possiamo affermare questo con assoluta certezza?
Naturalmente no, non è possibile. Lo studio ha dei limiti: a partire dal campione di soggetti che è troppo piccolo (20 partecipanti in totale), ai risultati troppo generici, fino ai difetti insiti nel disegno stesso dello studio e che possono aver portato ad ottenere falsi positivi. Gli autori sono ben consapevoli di questo e lo esplicitano in modo trasparente.
Ma possiamo trarre comunque conclusioni interessanti da questo studio, che va ad aggiungersi al crescente numero di modi in cui i ricercatori stanno cercando di comprendere meglio il nostro cervello e come noi rispondiamo al mondo che ci circonda.
Per esempio possiamo dire che è bello affidarsi a tecnologie avanzate (come la fMRI) per esplorare la complessità del nostro cervello, ma che qualsiasi esperimento, perché sia valido, deve fondarsi su rigide e ben strutturate ipotesi, progettazione e interpretazione.
E forse possiamo anche aggiungere che enfatizzare eccessivamente l’importanza dell’attività cerebrale localizzata non è sufficiente alla comprensione della complessità delle emozioni che abitano il cervello (e l’animo) umano. Soprattutto a Natale.
Forse le scoperte emerse in questo studio non hanno suscitato grandi entusiasmi all’interno della comunità scientifica, ma è bellissimo leggere lo stato d’animo di divertimento con cui gli autori hanno provato a spiegare come mai alcuni di noi vivono il Natale con un coinvolgimento così “luccicante”. E questo loro divertimento, in linea con l’argomento stesso, risplende in tutto l’articolo che chiudono affermando scherzosamente: “We are currently preparing a patent application on a Santa’s hat that you can buy for family members with symptoms. When they start grumbling at Christmas dinner, with the touch of a button you can give them electric stimulation right in the Christmas spirit centres”.
Che tradotto fa più o meno così: “Attualmente stiamo preparando una domanda di brevetto su un cappello di Babbo Natale che puoi acquistare per i familiari con sintomi. Quando iniziano a brontolare durante la cena di Natale, con il semplice tocco di un pulsante, puoi dare loro una stimolazione elettrica proprio nei centri dello spirito natalizio.”
Con questo chiudo, con, spero, qualche risposta (incerta) in più.
Con l’augurio che in ogni caso ognuno di noi non smetta mai di cercare risposte e, ancor di più, di farsi domande.