Il Disturbo Traumatico dello Sviluppo

Disturbo Traumatico dello Sviluppo

Sempre più spesso sentiamo o leggiamo di terribili notizie riguardo bambini vittime di violenza che, nella maggior parte dei casi, si consumano all’interno del nucleo familiare.
Il maltrattamento può assumere varie forme: fisico, emotivo e di trascuratezza (chiamato anche neglect). Si parla di Adverse Childhood Experiences (ACE), esperienze infantili avverse, cioè di tutti quegli eventi potenzialmente traumatici che si verificano nell’infanzia o nell’adolescenza (Cruz D et al., 2022).

Di che cosa si tratta?

Karen Hughes e collaboratori, in una review pubblicata su The Lancet nel 2017, hanno identificato le principali categorie di esperienze infantili avverse. In particolare negli ambienti familiari disfunzionali si rileva un’elevata presenza di:

1) Danni che colpiscono direttamente i bambini:
– abuso fisico infantile
– abuso sessuale infantile
– abuso emotivo, psicologico o verbale
– trascuratezza
– bullismo
– abbandono, affido o adozione
– grave malattia o incidente infantile

2) Danni che colpiscono indirettamente i bambini:
– abuso di sostanze all’interno delle mura domestiche
– malattia mentale di un genitore o di un familiare stretto
– esposizione a violenza domestica
– separazione o divorzio dei genitori
– criminalità domestica
– problemi finanziari
– violenti conflitti intrafamiliari
– morte di un genitore, di un parente stretto o di un amico

Ciò che gli autori hanno inoltre evidenziato, è che gli individui che vivono tali esperienze averse (ACE) durante l’infanzia o l’adolescenza, tendono, da adulti, ad avere più problemi di salute mentale o fisica rispetto ai coetanei che non hanno vissuto ACE.
Studi fisiologici e biomolecolari stanno stabilendo con sempre maggiore frequenza come l’esposizione infantile allo stress cronico porti a cambiamenti nello sviluppo del sistema nervoso, endocrino ed immunitario, con conseguente compromissione sul funzionamento cognitivo, sociale ed emotivo (Hughes K et al., 2017; Bellis MA et al., 2015; Danese A et al., 2012; Pechtel P et al., 2011; Anda RF et al., 2006).
I bambini ed adolescenti ripetutamente esposti ad ACE sviluppano un quadro di sintomi fisici, mentali e sociali così ampi, gravi e pervasivi da non poter essere “inquadrati” nella categoria dei PTSD (Post-Traumatic Stress Disorder). Per questo motivo lo psichiatra statunitense Van der Kolk ha introdotto il concetto di Trauma dello Sviluppo (Developmental Trauma Disorder – DTD), riferendosi all’esposizione complessa e pervasiva, durante periodi “sensibili” dello sviluppo del neonato e del bambino, ad eventi potenzialmente letali, con conseguente:

  • interruzione dei legami interpersonali e di attaccamento sicuro ai caregiver;
  • compromissione del senso di sicurezza e protezione;
  • alterazioni delle capacità fondamentali per il controllo cognitivo, emotivo e comportamentale;
  • alterazione delle convinzioni fondamentali sulla propria vulnerabilità al pericolo;
  • aumento della possibilità di sviluppare PTSD complesso in età adulta.

Ad oggi il DTD non è considerato come categoria diagnostica a sé stante, tuttavia è stato proposto per l’inclusione all’interno del DSM-V come alternativa al PTSD (Van der Kolk B et al., 2005).
Il Trauma dello Sviluppo può infatti spiegare come i disturbi fisici, psicologici, sociali ed emotivi osservabili in alcuni individui, derivino da esperienze pervasive di eventi traumatici complessi che si sono verificati nella prima infanzia.

Tali disturbi non sono però limitati al periodo di vita dell’infanzia o dell’adolescenza, ma interferirebbero ripetutamente con le relazioni interpersonali, la qualità e la soddisfazione di vita e l’identità personale anche in età adulta.

Quali sono i segni ed sintomi del DTD?

I bambini e gli adolescenti con Trauma dello Sviluppo possono reagire con comportamenti sovramodulati o sottomodulati, in altre parole con sintomi “in eccesso” oppure “in difetto” (Cruz D et al., 2022).

I bambini e gli adolescenti traumatizzati spesso presentano:

  • iperattività o aggressività (sintomi sovramodulati);
  • depressione, chiusura e dissociazione (sintomi sottomodulati);
  • reattività eccessiva all’ambiente circostante (p.es. forte sensibilità ai suoni, al tatto o alle luci);
  • indifferenza (spesso apparente) a ciò che li circonda;
  • incapacità a regolare le proprie emozioni, in particolare quelle negative (rabbia o paura o vergogna) soprattutto in situazioni valutate come “minacciose”;
  • problematiche fisiologiche, come disturbi dell’alimentazione, disturbi del sonno, incontinenza, disturbi gastrointestinali, mal di testa, dolore cronico;
  • disturbi del comportamento, quali rigidità nelle routine, comportamenti autolesivi, impulsività, aggressività;
  • disturbi cognitivi, quali disattenzione, pensiero disorganizzato o difficoltà in compiti che prevedono problem solving;
  • difficoltà a riconoscere e descrivere le emozioni (proprie o altrui);
  • costante stato di allerta (o catastrofe imminente), mostrando segni di risposta e reattività fisiologica anche in assenza di reali minacce;
  • comportamenti di autoconsolazione, quali dondolio o atti motori stereotipati;
  • disturbi nella percezione di sé e degli altri, per esempio sentimenti di vergogna, di incapacità, bassa autostima, odio verso se stessi,
  • diffidenza, timore degli altri, stati persistenti di rabbia, risentimento e vendetta.

Alcuni autori hanno suggerito che il Trauma dello Sviluppo sia la conseguenza di una continua esposizione ad uno “stress tossico” che comporta, in assenza di specifici trattamenti e del supporto di caregiver, l’attivazione prolungata del sistema di risposta allo stress, in particolare dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (Joos CM et al., 2019; Shonkoff JP et al., 2019).
Il DTD presenta sintomi così complessi ed articolati che possono essere facilmente confusi con quelli di PTSD o disturbo oppositivo-provocatorio o deficit dell’attenzione ed iperattività. Spesso inoltre, i bambini e gli adolescenti con DTD vengono frettolosamente etichettati come individui difficili o cattivi.

Quale trattamento per il DTD?

Data la complessità dei sintomi, è innanzitutto necessaria un’attenta valutazione del caso. Ciò permetterà di impostare il giusto trattamento. Non esistono, in letteratura, trattamenti empiricamente validati, tuttavia le evidenze maggiori riguardano approcci terapeutici integrativi ed incentrati sulla relazione (Rogel A et al., 2020; Karatzias T et al., 2019; Hughes D et al., 2017). La psicoterapia dovrebbe avere come obiettivi:
– aumentare la consapevolezza di sé
– migliorare il senso di autoefficacia
– aumentare la capacità di regolazione delle emozioni e dei comportamenti
– aumentare il senso di competenza e di sicurezza del bambino/adolescente
– sviluppare migliori relazioni sociali.

Foto di Anna Shvets – pexels.com

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